Piero Prampolini (Reggio Emilia, 29 novembre 1925) è l’ultimo grande testimone della meccanica motoristica italiana.
Un tecnico che è stato in grado di progettare e realizzare costruzioni di eccellenza su tutto lo spettro del motorismo, dai ciclomotori alle moto da corsa e da strada 6 cilindri, passando per auto, macchine agricole e tanto altro.
Per il suo carattere schivo gli è stato dato dalla stampa l’appellativo di “ingegnere nell’ombra”.
Prampolini non è però ingegnere. Nato in una famiglia numerosa e povera, è riuscito a farsi strada partendo dalle officine meccaniche Reggiane, dove inizia nel ’39 a soli 14 anni come operaio semplice, arrivando ad essere il braccio destro di De Tomaso e un consulente richiesto da tutti i produttori di moto negli anni 80-90.
Nel 2020, grazie alla prodigiosa memoria, è stato in grado di raccontare tutto al nipote Federico De Pietri e alla scrittrice Nunzia Manicardi, che hanno realizzato il libro l'”ingegner Prampolini”.
Gli Inizi e la guerra:
Alle Reggiane passa per tutti i reparti produttivi, dalla fonderia alle lavorazioni sui motori avio. Grazie alle scuole di disegno serali, riesce a passare da operaio a disegnatore.
Nel ’43, dopo aver rifiutato la leva, viene catturato dai tedeschi e costretto a combattere con loro tutta la campagna d’Italia, da Cassino fino alla linea Gotica.
Non sono molte le persone rimaste in grado di testimoniare direttamente questi eventi.
Tornato dalla guerra partecipa alla ricostruzione di Reggio Emilia a fianco di ingegneri di spicco, sempre all’interno delle Reggiane. Durante lo sciopero e l’occupazione delle Reggiane, i più lunghi di sempre, lavora per permettere all’azienda di funzionare, adattando motori da carro armato per dare potenza alle officine e lavorando sul trattore R60.
La Proprietà decide di chiudere in modo coatto e Prampolini e altri “ragazzi delle reggiane” decidono di mettersi in proprio producendo motorini.
Milano, Pesaro e di nuovo a Reggio:
Parilla riconosce il talento dei “ragazzi” e li chiama a Milano, dove costituiranno l’ufficio tecnico da cui uscirà la Parilla FOX 175, che vincerà numerosi titoli di MSDS (moto sportive derivate dalla serie). Prampolini passa poi alla Mondial, sempre a Milano, dove progetta la 175 TV, soprannominata Ocone. Nel motore si vedono inconfondibili le similitudini con i motori da aereo visti da Prampolini durante la permanenza alle Reggiane.
La sua permanenza a Milano finisce quando Giuseppe Benelli lo chiama a Pesaro alla MotoBi, nel 1955.
La sua missione alla MotoBi è quella di fare un motore a 4 tempi, che conservi la caratteristica forma a uovo delle produzioni a 2t. E ci riesce: il motore è estremamente affidabile e si presta anche a elaborazioni spinte per le competizioni. Forse questo motore rappresenta uno dei più longevi sul mercato, arrivando invariato fino a quasi gli anni 80!
La MotoBi, azienda di 40 persone, è stata in grado, con il motore progettato da Prampolini, di battere tutti i produttori di moto tedeschi più blasonati, in una estenuante gara di durata al Nurburgring.
Sposato e tornato a Reggio Emilia, Prampolini inizia a lavorare nell’azienda di motocarri OMER, fondata da un altro ragazzo delle Reggiane. Qui rimane 4 anni amministrando tutta la parte tecnica e organizzativa della produzione e favorendo commesse per i contatti che si era creato.
Il ritorno a Pesaro, in pianta stabile:
Richiamato dalla famiglia Benelli a Pesaro, stavolta Piero Prampolini è assunto in Benelli, dove progetta il Benelli Tornado 650 e gli straordinari 4 cilindri da competizione 350 e 500, con i quali Saarinen battè tutti, anche Giacomo Agostini!
Dopo pochi anni però arrivano De Tomaso, le fusioni di Guzzi e Benelli, e le numerose scelte discutibili prese dal manager argentino, scelte che Piero spesso subisce, come molti altri progettisti.
A Modena:
De Tomaso volle a Modena Prampolini, il quale era ormai diventato di fatto un dirigente delle De Tomaso Industries.
In questo periodo Piero lavora su tutti i marchi della galassia De Tomaso: Maserati (Cambio Biturbo), De Tomaso Automobili (Cambio e trasmissione Guarà ed elaborazione motore Ford del Panthera), Guzzi (sistemazione V35 e V50 e proposta di motori ad acqua e a 6 valvole, mai entrati in produzione), Benelli (254, 354, 504, 756 sono solo alcuni dei modelli da lui progettati, il 756 è stata la prima 6 cilindri stradale al mondo), Callegari e Chigi (metodi di produzione per gommoni).
Piero Prampolini va in a in pensione nel 1986, ma continua a fare il consulente fino al 1996.
Dal 2000 si è trasferito a Soliera per stare vicino alla figlia Valeria e alla famiglia.
Tutte le sue creazioni che all’epoca del lancio non hanno visto il successo meritato, stanno avendo una seconda vita nell’attuale scenario di appassionati di moto e auto d’epoca.
Il nipote Federico De Pietri, grazie all’esempio del nonno, è diventato Ingegnere del Veicolo e durante gli studi si è reso conto quanto il nonno si fosse auto-impartito quella dura formazione necessaria a fare ciò che ha fatto.
E’ vero che Prampolini per un lungo periodo è stato lontano dalla Motor Valley, ma è anche vero che ha portato con sè ovunque le competenze, la dedizione, l’impegno e la testardaggine tipiche dei progettisti emiliani, contribuendo in modo significativo con le sue creazioni a rendere grande la Motor Valley nel mondo.
Durante la Benelli Week 2022, è stata fatta la presentazione ufficiale del libro su Prampolini, che ha subito riscosso un grande successo grazie alla mole di informazioni tecniche, aneddoti e storie, che attraversano quasi un secolo di vita. Se foste interessati al libro, contattate made in motorvalley.