Danilo Tavoni, nato a Modena era un battilastra, un mestiere antico sospeso a metà tra l’artigianato e l’arte. Metà scultore e metà artigiano Danilo Tavoni era soprannominato mani d’oro dallo stesso Enzo Ferrari. Tavoni è stato uno di quegli uomini che poteva nascere solo nella Motor Valley: una passione sconsiderata per i motori, un’abilità innata di dare vita al ferro e il gusto estetico di un’artista ne hanno fatto uno degli uomini più amati nel mondo dei motori.
Considerato un lavoratore instancabile e preziosissimo sia da Vittorio Stanguelli, per il quale ha lavorato oltre 15 anni dando forme alle lamiere.
Proprio lì conobbe Enzo Ferrari, si meritò quel titolo onorifico che ancora oggi lo accompagna.
Qui ha lavorato ad alcuni dei prototipi di corse più vincenti e famosi della scuderia e ha intrattenuto negli anni un rapporto di fiducia e stima proprio con il grande Stanguelli che lo volle a tutti i costi. Secondo questo artista, la cui abilità ha reso nota nel mondo quella parte d’Italia chiamata Emilia Romagna, la lamiera andava domata come un cavallo selvaggio purosangue. Aveva gli occhi pronti e le mani svelte e durante la sua attività intrattenne rapporti stretti di confidenza, consiglio e amicizia con il grande Walter Villa. La sua è una carriera di tutto rispetto: prima a lavorare sui prototipi di corsa della Stanguelli e poi presso la Lamborghini, quando l’azienda stava nascendo e amava premiare il lavoro degli artigiani più abili.
In un mondo dove le auto da corsa venivano create a mano con passione e dedizione Danilo Tavoni era un maestro, un battilastra incommensurabilmente abile capace di lavorare alle auto da corsa su pista così come ai prototipi Ferrari e Maserati. Tavoni amava il suo lavoro ed era orgoglioso di mostrare le sue abilità d’occhio e di mano, le sue conoscenze che arrivavano a portare maestria e colpi d’intuito laddove oggi arrivano le macchine, le presse e le stampanti in 3D. Una volta lasciato il lavoro alla Lamborghini Danilo Tavoni ha mantenuto la passione ed è passato a lavorare in un settore completamente diverso: quello delle cucine per la nota casa GES.
Eppure le auto, le moto e il domare le lamiere per dare vita a pezzi d’epoca gli mancava così tanto che una volta andato in pensione ha deciso di aprire una propria officina: qui per anni ha lavorato insieme alla moglie alla riproduzione fedele di pezzi d’epoca dando vita a vere e proprie opere d’arte su due e quattro ruote mantenendo vivo un lavoro artigianale fatto di precisione, intuito e colpo d’occhio e non su calcoli matematici.